Catechesi
A San Giovanni il Catechismo Parrocchiale
comprende le classi dalla III° Elementare fino alla III° Media.
Il CATECHISMO PARROCCHIALE a
San Giovanni Inizierà solennemente
Domenica 8 Ottobre
con la Messa delle ore 10
=========================================================================
Per le famiglie dei ragazzi che frequentano la III° MEDIA e si preparano a ricevere la CRESIMA
DOMENICA 1 Ottobre dopo l Messa delle ore 10 mi incontrerò con i ragazzi di III Media per fissare il giorno e l’ora degli incontri============================================================================
Per le mamme i cui figli, di San Giovanni alla Vena, frequentano la 4° Elementare e che nel Maggio del 2024 faranno la I° Comunione il CATECHISMO per i loro figli è fissato per il VENERDI’ dalle ore 17 alle ore 18.
CATECHISMO PARROCCHIALE
nel Salone il Sabato alle ore 11 III° ELEMENTARE
nel Salone Il Venerdi alle ore 17 IV ELEMENTARE/ COMUNIONE – Il Venerdì alle ore 18.15 I° Media
Sotto Sacrestia Il Venerdì alle ore 17 V ° ELEMENTARE – alle ore 18..15 II° Media
Riflessioni valide anche per l’anno 2023/2024
Cari genitori,
«Vogliamo conoscere Gesù», dissero agli apostoli alcune persone venute da lontano. Penso che questo sia anche il vostro desiderio per i vostri figli: far conoscere il Signore. E il Catechismo non è altro che questo: è un aiuto che la Parrocchia offre ai genitori per iniziare i propri figli alla vita cristiana, accompagnarli a diventare un certo tipo di persona, aiutare i ragazzi a modellare i propri sentimenti, le proprie scelte tenendo fisso lo sguardo sui grandi valori evangelici. Tutti sappiamo quanto ce ne sia bisogno nella società attuale dove i modelli abbondano, ma sono quelli della spazzatura televisiva.
Attorno ai 7/8 anni i bambini entrano in un periodo di intensa curiosità intellettuale. Fioccano le domande di ogni tipo che nascono dalle prime esperienze di vita. E’ anche il tempo delle amicizie: i nuovi compagni allargano l’immagine della società che finora hanno conosciuto attraverso la famiglia. Più avanti, attorno ai 10-12 anni, saranno più disponibili alla vita di gruppo, pur cercando di oltrepassare i limiti che vengono fissati, in nome della loro libertà e a causa della loro esuberanza. E’ questa l’epoca in cui diventano più personali nelle loro scelte.
Da questo capite bene quanto grande è la vostra responsabilità di genitori ed educatori cristiani. Grande è l’impegno e il sacrificio che il Signore vi chiede. Ma grande è anche la Benedizione del Signore sulla famiglia cristiana, questa piccola Chiesa domestica. Quello che fate per indicare il senso della vita, per illuminare il futuro dei vostri figli, è la dimostrazione del vostro grande amore per loro.
Ma oggi assistiamo ad un fatto innaturale e sorprendente: invece di essere i figli a guardare e imitare gli adulti, e da loro trarre un insegnamento, sono gli adulti ( leggi: i genitori ) a guardare ai giovani e a lasciarsi condizionare da loro.
E’ normale che un ragazzo si senta più portato ad evitare ciò che sente faticoso e a preferire il gioco, il divertimento, il piacere. Ma in certi casi interviene l’adulto per fargli capire la bontà o la necessità, per l’oggi e per il domani, di certe altre scelte. Se i vostri ragazzi vi dicessero di non voler andare più a scuola, non credo che voi rispondereste loro: “ fai come voi”. Ma vi mettereste lì con santa pazienza a convincerli che lo studio è importante e che nella società di oggi è importante, se non necessario, anche un pezzo di carta rilasciato da una Scuola.
Questo impegno/attenzione non succede per quanto riguarda la fede e la religione: ”se non vuoi andare al catechismo…..alla Messa….se non vuoi fare la Cresima…fai come credi….tanto oggi non ci si sposa più in Chiesa…….”. Queste sono le risposte di alcuni genitori!!!!. Ma queste risposte ci sono perché per alcuni adulti la fede, i valori che derivano dal Vangelo sono moneta senza valore. Se un adulto si rimette alle decisioni del proprio figlio perché non vuole crearsi dei problemi, perché ha tante cose a cui pensare, perché….perchè…..perchè, viene meno al suo naturale compito di educatore.
Un genitore è come la guida alpina: la guida non si accontenta di accompagnare, ma soprattutto insegna, guida dove mettere le mani e i piedi. Un genitore accompagna…..cioè va avanti insieme al proprio figlio, è un ricercatore anche lui di Dio, ed è lui che si arricchisce per primo di ciò che scopre insieme ai suoi figli. Basta un po di pioggia e il numero dei bambini del catechismo si dimezza. Ma il problema non si pone se c’è un torneo di calcio e sta diluviando: lì ci sono tutti.
Ho voluto condividere con voi il dispiacere che è nato in me in questi ultimi due o tre anni nel constatare la poca partecipazione al Catechismo settimanale dovuto sia per gli impegni sportivi ma anche per il poco impegno dei genitori.
Questa lettera arriverà sia ai genitori che continuano a mandare i propri figli al Catechismo, sia a coloro che lo hanno frequentato fino al Maggio del 2022.
A voi che portate avanti questo impegno un ringraziamento sincero e un augurio ad essere dei genitori sempre presenti, ma con discrezione, nella vita dei vostri figli.
A coloro, invece, che hanno messo da parte questo impegno va l’invito a non giocare allo scaricabarile (“ siete voi preti che ci allontanate dalla Chiesa”) ma ad approfondire le motivazioni che vi ho offerto.
Con affetto
Il vostro Parroco Don Paolo
Oggi, si trasmette ancora la fede ai giovani?
Dire «educare i ragazzi alla fede» fa pensare a tempi in cui era possibile farlo, anzi era pacifico; si pensa agli anni in cui la catechesi trasmetteva i valori e la fede in modo quasi automatico, ricercando solo il modo più adatto per interessare i ragazzi e farli stare buoni.
La fede, si sa, non si trasmette come fosse un pacchetto, una dimostrazione matematica o un programma da inserire nel computer. E nem
meno può essere qualcosa che viene proposto ai ragazzi a forza, mentre non ne hanno interesse e si mettono sulla difensiva. La fede dovrebbe coinvolgerli e diventare per loro fonte di riuscita personale.
Il problema esiste
L’urgenza che i ragazzi continuino a credere dovrebbero sentirla soprattutto i genitori, e invece essi rinunciano spesso ad accompagnarli nella fede. Questa urgenza la sentono gli educatori cristiani, che vogliono trasmettere qualcosa che ha permeato la loro vita e trovano attorno a sé un interesse troppo debole mentre vedono i giovani cercare la felicità e la realizzazione personale su strade sbagliate.
Per molti di loro la pratica religiosa diventa inconsistente man mano che diventano grandi e pensano con la propria testa. «lo non so perché vado in chiesa», dice Eric, un ragazzo di Milano. «Forse per non sentirmi solo. Ho dei dubbi sulla religione… Più ci penso, meno ci credo. Non so come dire… Ho cominciato ad avere i primi dubbi attorno ai 12 anni…». «Per me non è gran problema…», dice un altro: «ci andavo quand’ero bambino (sorride)… Ma questo non mi ha mai davvero interessato. Forse me ne occuperò quando sarò vecchio (sorride)… O chissà, fra qualche anno…».
È la nostra sfida
In realtà lo stato d’animo dei giovani è quello di sempre: il timore di perdere la propria libertà, il bisogno di ricevere risposte più chiare e convincenti, la paura di dover sottostare a regole di vita. Dentro molti cova l’idea che la religione ti tolga qualcosa, che non sia qualcosa di bello e di positivo, che se ne possa fare a meno.
È questa comunque l’atmosfera che respirano i ragazzi, ed è la grande sfida di chi oggi è chiamato ad annunciare il Vangelo.
COSA IMPARA MIO FIGLIO AL CATECHISMO?
Al di là della conoscenza dei contenuti della fede
È facile conoscere i contenuti del catechismo: basta sfogliare uno dei catechismi che usano i ragazzi. Ma non è altrettanto semplice dire che cosa un bambino impara realmente durante questi inc
ontri a cui partecipa. Perché dipende da tante cose: dall’interesse del bambino e della sua famiglia, dalla preparazione e abilità del catechista, dalle metodologie impiegate, dal clima di gruppo e dal numero dei ragazzi coinvolti…
L’obiettivo è pensare in modo cristiano
Negli ultimi anni, poi, sempre più spesso i catechisti si trovano a confrontarsi con bambini che provengono da situazioni tra loro diversissime. Molti, pur chiedendo di partecipare al cammino di iniziazione cristiana, sono completamente digiuni di esperienza e privi di conoscenze in ambito religioso. In questa estrema varietà emerge però un principio chiaro, che i vescovi hanno ribadito negli ultimi Orientamenti per la catechesi, e che costituisce lo scopo ultimo di ogni azione catechistica: guidare bambini e ragazzi, con la parola e la testimonianza, affinché imparino a «pensare secondo Cristo e pensare Cristo attraverso tutte le cose».
Imparano a porsi domande
Non è facile trasmettere oggi tutta la ricchezza dei contenuti del cristianesimo, e per questo i catechisti si sforzano di trasmettere una mentalità, un modo di vivere le proprie esperienze, lo stile cristiano. E lo stile cristiano viene mediato, in primo luogo, attraverso domande come queste: «Che cosa farebbe Gesù in questa situazione?»; «Che cosa pensi che direbbe Gesù adesso?». Pensare secondo Cristo infatti significa leggere il reale attraverso il Vangelo.
Pensare secondo Cristo attraverso tutte le cose, invece, significa scoprire quanto di cristiano c’è nei gesti di ogni giorno, e correggere ciò che cristiano non è. Quanto di cristiano c’è, p. es., in un genitore che si sacrifica per un figlio? E quanto di cristiano bisogna ancora introdurre in chi rovina, sporca o distrugge le cose comuni?
Sapere che i propri figli imparano a farsi domande come queste mi pare un motivo più che valido per accompagnarli nel cammino catechistico.
===========================
LA FAMIGLIA soggetto essenziale della iniziazione dei ragazzi alla fede
Se riandiamo con i ricordi all’epoca della nostra infanzia e prima adolescenza riconosciamo che i primi catechisti sono stati i nostri genitori, le zie e i nonni. E’ da loro e con loro che abbiamo imparato a conoscere Gesù, che abbiamo imparato a pregare, che abbiamo impa
rato a vivere la bellezza della vita cristiana.
Le Suore, il Parroco erano certamente importanti nell’educazione cristiana dei ragazzi, ma sicuramente l’influenza dei nostri genitori, il rapporto affettivo che ci legava a loro, la consuetudine quotidiana di vita con loro, la testimonianza della loro vita, questo era il primo insegnamento, il più incisivo e determinante nei nostri confronti. Noi abbiamo imparato ad amare non perché qualcuno ci ha fatto un corso sull’amore, ma perché abbiamo visto, sperimentato la bellezza dell’amore nella nostra famiglia.
Si dice sempre che i ragazzi sono «spugne», che assorbono per osmosi ciò che vivono e amano i genitori, siamo soliti ripetere che i bambini imparano per imitazione. Voglio fare degli esempi che evidenziano questa presenza educativa dei genitori nella vita dei propri figli. Sano esempi molto semplici, che rispecchiano la vita quotidiana di una famiglia.
Quando un genitore vuole iniziare alla gratitudine i suoi figli, non si limita a invitare a dire “grazie” al momento giusto, ma suggerisce il gesto opportuno, mostra egli stesso per primo il sorriso con cui si riceve qualcosa di gradito, invita a non strappare con prepotenza le cose di mano al fratellino che non sa difendersi.
Quando un Papà vuole introdurre al perdono, invita certamente a chiedere scusa, ma non si accontenta dell’espressione verbale a denti stretti. Chiede che ci si dia la mano, che ci si abbracci, che si giochi insieme condividendo quel giocattolo, che era stato causa del litigio.
Quando una mamma insegna a pregare, non si limita a ripetere le formule: prega con lo sguardo, con le mani, con il sorriso, con i gesti, con una pausa di silenzio.
Questi piccoli esempi e molti altri che possiamo ricavare dalla nostra esperienza quotidiana, ci confermano ( come dice Papa Francesco ) che le occasioni per introdurre i nostri ragazzi al BELLO, al BUONO, al VERO della vita, sono tanti e tante sono le attitudini che possiamo mettere in gioco: la mente, il cuore, i sensi, la parola.
Sappiamo anche quanto è difficile, oggi, essere aperti a questi valori e conosciamo tutta la fatica per viverli e trasmetterli. Ma nello stesso tempo, costatiamo quanto questi valori sono presenti nel cuore e nel desiderio dei nostri ragazzi, basterebbero solo alcune attenzioni educative da parte nostra ( educatori, catechisti, genitori ) per farli emergere nel vissuto di ogni giorno.
Forse abbiamo bisogno di credere di più, di aumentare la nostra fede e vivere una vita spirituale più approfondita.
Oggi come oggi non possiamo dire che manchino le occasioni per approfondire la nostra fede. Forse dobbiamo ammettere che manca un po’ più di coraggio e di Buona Volontà per partecipare.
L’atteggiamento peggiore sarebbe l’indifferenza e questo sarebbe un male grave, perché ci meriteremmo ciò che si legge nel libro dell’Apocalisse riguardo la Chiesa di Laodicea. Possiamo anche riflettere personalmente su questo, ma quello che vale di più è partecipare ai vari incontri programmati dalla Parrocchia.
Ma le famiglie di oggi non sono sempre questa presenza idilliaca. La crisi familiare non solo ha messo in forse il rapporto uomo/donna ma anche il rapporto educativo genitori/figli facendo mancare loro quei punti di riferimento che venivano dalla fede.
La catechesi è un cammino che i ragazzi devono fare insieme con i loro genitori. Se i ragazzi percepiscono che il catechismo, e più in generale la fede, è una cosa importante solo per loro, ma non per i genitori, allora concludono che non è importante nemmeno per loro. Se il catechismo è per la vita, e non solo per le scadenze sacramentali, i genitori che affiancano i loro figli in tutta la loro vita sono loro i primi che devono aiutare i loro figli a tradurre nelle vicende quotidiane l’esperienza di Gesù presente e vivo. Inevitabilmente il catechismo parrocchiale si limita a un tempo circoscritto durante la settimana, ma i genitori condividono in qualche modo con i loro figli tutti gli aspetti della loro giornata: scuola, tempo libero, amicizie, attività sportive, culturali, sociali ecc. In questo senso l’educazione cristiana ad opera dei genitori è preziosa proprio perché essi possono educare al senso cristiano della vita, di tutta la vita, stimolando i ragazzi ad affrontare tutte le loro esperienze alla luce di quell’incontro con Gesù che offre il significato pieno e definitivo della vita, che offre l’unica risposta vera e risolutrice al nostro bisogno di felicità.
In questa indifferenza generale nei confronti della fede la famiglia è tentata di “delegare”. Si delega agli insegnanti, alla scuola la cultura come si delega alla parrocchia l’educazione religiosa
Si affida cioè l’educazione dei figli ad altre agenzie educative perché, o non ci si sente all’altezza, o specialmente per certi temi, quali l’educazione sessuale, non ci si considera preparati o, come per l’educazione religiosa, ci si sente incompetenti. Ecco, avallare con il nostro atteggiamento questo orientamento sarebbe favorire una pericolosissima deresponsabilizzazione.
Un’altra cosa da evitare è quella di subire passivamente la domanda di catechismo da parte della famiglia. Talvolta la richiesta dei genitori è motivata dalla consuetudine, da una sorta di adempimento sociale, di scadenza burocratica, per cui a una certa età bisogna fare la prima comunione o la cresima. Anche questo atteggiamento dei genitori è un modo per deprezzare l’importanza della fede agli occhi dei bimbi.
Ci sono alcuni genitori che non contestano affatto la Chiesa, che sono disposti a eseguire tutte le nostre richieste e a sottostare a tutte le nostre condizioni, ma non hanno capito il significato vero della proposta che facciamo con il catechismo. Mi ricordo sempre che quando ero giovane, nella parrocchia in cui mi trovavo, una mamma mi disse: «Certo che il mio figliuolo deve fare il catechismo per la cresima, perché se no oggi o domani, quando vorrà sposare come potrà fare»? Evidentemente per quella signora la cresima era un certificato e il catechismo lo strumento per ottenerlo.
Un errore, infine, che capita non di rado e che forse hai potuto verificare anche tu, è quello di alcuni genitori che autorizzano per i loro figli, tutto, catechismo, Messa la domenica, frequentazione della parrocchia, ma senza alcun segno, anche minimo, da parte loro, di partecipazione alla vita della comunità cristiana. Si tratta di un segnale contraddittorio per i figli.
Da una parte si consente il percorso di formazione alla vita di fede e dall’altra si sconfessa con la vita e l’esempio il valore del percorso che pur si offre ai propri figli. Il ragazzo registra così una dicotomia che col tempo si rivelerà estremamente negativa per la sua crescita e per il suo equilibrio.
Se parrocchia e famiglia sono due comunità educanti possono e devono camminare insieme.