Catechismo spicciolo
PRERCHE’ GESU’ SI E’ FATTO UCCIDERE?
Stefania non ama ascoltare storie tristi e quando la Catechista parla
delle sofferenze e della morte di Gesù, cerca di non sentire, né guarda
mai a lungo il grande crocifisso che pende alla parete della Chiesa.
«Perché Gesù si è fatto uccidere?», si chiede.
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Gesù non ha cercato la morte: egli era felice di vivere, e stava volentieri con i suoi amici. Ma proprio per loro, non si tirò indietro davanti alla sofferenza e alla morte. «Nessuno ha un amore più grande di chi dona la vita per i suoi amici»!
Gesù accetta la morte per farci capire che essa non è la fine di tutto e non ci può strappare dalla mano di Dio.
E’ come se tu camminassi da solo su una strada pericolosa e solitaria: certamente ti sentiresti perduto! Ma se un amico ti cammina vicino e ti dice: «Vieni, non aver paura, metti i tuoi passi sulle mie orme, vedrai che non cadrai!», allora sì che sentiresti coraggio!
Gesù è proprio quest’amico: cammina davanti a noi e ci fa vedere, con il suo esempio, che chi si fida di Dio non deve aver paura di nulla, nemmeno della morte.
Nei giorni duri del dolore e della morte, Gesù rivolgeva a Dio, suo Padre, la preghiera che da bambino aveva imparato da Giuseppe e che da adulto recitava nella sinagoga: «Io ero come un uccellino catturato nella rete, tu hai tagliato il laccio e ora posso volare, libero! Anche se cammino nella valle della morte tu sei con me!» (Salmo 124,23).
La risurrezione di Gesù è la prova più grande che la fiducia in Dio è ben riposta! I suoi discepoli, infatti, raccontano che Dio ha dato a Gesù una nuova vita e così farà per tutti quelli che si affidano a lui. Il buio della croce è vinto dalla luce della risurrezione! Da più di 2000 anni, i cristiani, la notte di Pasqua, annunciano a tutti questa lieta notizia: «Cristo è risorto! È veramente risorto!». Il cero acceso posto vicino all’altare è proprio il segno della risurrezione di Gesù.
Perché i Santi hanno la luce in testa?
«Perché i santi portano un cerchio d’oro in testa, anche quelli poveri come san Francesco? Andavano in giro proprio così?».
Uomini e donne come noi
Naturalmente no, cara Camilla, le sante e i santi non andavano in giro così. Sono stati donne e uomini come noi e vestivano come tutte le persone del loro tempo: molti erano frati o suore e indossavano gli abiti del loro ordine religioso, ma nessuno poteva immaginare dal loro aspetto che avevano «un di più» di amore per Dio e per gli altri. Quel cerchio d’oro o di luce sopra la testa che si chiama aureola è un’invenzione dei pittori per far capire in modo semplice che queste persone erano sì uguali agli altri nell’aspetto, ma erano però «speciali», perché avevano assorbito nel loro cuore una gran quantità della luce di Dio, un po’ come uno specchio che più è grande e pulito e più rimanda ciò che rispecchia.
L’aureola è un simbolo che vuole indicare che in queste persone la luce di Dio ha potuto brillare in modo più vivo che nella maggior parte della gente. Chi li ha visti, chi li ha incontrati è stato illuminato da questa luce, un po’ come il povero a cui san Martino donò il suo mantello; come il lebbroso che san Francesco abbracciò e baciò come un fratello, ed è stato consolato dalla sua bontà; come il prigioniero salvato dalla morte dal sacrificio di padre Massimiliano Kolbe. Camminando dietro a Gesù, le sante e i santi hanno creato una scia di luce che ha illuminato i nostri paesi e le nostre città.
Sono testimoni speciali
«Ma bisogna fare proprio cose così difficili per diventare santi?», chiede Gabriele; «Io non ce la farò mai!».
«Per fortuna no! I santi raffigurati con l’aureola in testa sono testimoni speciali, guide da seguire, ma ogni cristiano è santo. Dal giorno del Battesimo in ogni bambino e in ogni bambina splende la luce di Dio. Nel Vangelo Gesù ci dice di non nasconderla (come se mettessimo una lampadina sotto un secchio), ma di metterla in alto perché illumini tutti. Gesù infatti ci dice che tutti noi cristiani dobbiamo essere «luce del mondo».
«Dove sono i morti?» (Chr. 3 anni)
«Dove sono gli uomini quando sono morti? Sono morti per sempre? Riacquistano forse molto presto la vita, quando lo vuole il buon Dio?» (W. 4 anni)
Quando un uomo muore Dio lo chiama a sé, a godere della Sua felicità. Il cadavere del defunto viene portato al cimitero e posto nella terra; avendo adempiuto al suo compito in vita ora l’uomo non ha più bisogno del suo corpo di carne e sangue. L’uomo riceve una nuova vita in Dio. Ma come noi non possiamo affatto vedere Dio, così anche i defunti sono adesso invisibili per noi. Sono accanto a Dio.
«Come possono più tardi riavere la vita i defunti, quando sono morti del tutto e completamente sfigurati — quando, per esempio, sono stati investiti da una automobile?» (D. 4 anni)
Quando gli uomini vivono accanto a Dio il loro vivere è del tutto diverso che in questa vita; non si ha più bisogno di questo corpo. Il loro corpo viene deposto nella terra del cimitero; ha terminato la sua funzione nella vita. Non c’è differenza alcuna se uno è morto in casa o investito.
Quando i defunti vivono accanto a Dio, non significa che il loro corpo ormai morto viene di nuovo vivificato e se ne va in giro. Essi ricevono una vita del tutto nuova presso Dio e sono molto felici in questa comunione con Dio.
« Perché la nonna non è più qui, accanto a noi? Non ha più trovato piacere a restare sulla terra che se ne è volata in cielo dal buon Dio?» (A. 4 anni)
Madre: «Vedi Angele, la nonna era così gravemente ammalata che fu meglio per lei morire e andare da Dio, dove sta di nuovo bene e può essere felice».
Angele: «Noi però, a volte, andiamo al cimitero e tu dici che là è la tomba della nonna. Come è possibile questo, dato che si trova presso Dio?»
Madre: «Il corpo della nonna era stanco e malato. Era consumato dalla lunga vita e dal molto lavoro, per questo esso venne deposto nella tomba del cimitero. Ma Dio ha preso la nonna accanto a sé, poiché Egli desidera che sia felice per sempre».
«Io vorrei sapere cosa succede quando gli uomini sono morti» (St. 6 anni)
(In questa domanda si nasconde la paura che delle persone vicine, per esempio i genitori, possano morire).
Essere morto non significa soltanto giacere senza movimento e poi potersi muovere di nuovo una volta o l’altra. Essere morto vuol dire che la vita ha abbandonato il corpo. Il corpo non può muoversi mai più; viene posto nella tomba perché l’uomo non ha più bisogno di questo corpo. Dato che la morte è qualcosa di definitivo, neppure tu la puoi sperimentare in anticipo.
Dio ha destinato questo corpo soltanto per questa vita. Quando l’uomo giunge presso Dio per lui inizia una vita completamente nuova. Noi non sappiamo come sarà tutto questo. Sappiamo però che allora saremo molto felici accanto a Dio.
«Perché la mia nonna doveva morire già a 60 anni? Dio avrebbe potuto lasciarla vivere ancora!» (C. 9 anni)
Dio non toglie un uomo dalla vita semplicemente perché così gli salta in mente. La durata della vita si determina a seconda della salute che un uomo ha ricevuto alla nascita dai suoi genitori. Alcuni bambini nascono già ammalati. La lunghezza della vita viene fissata anche a seconda se uno vive in modo sano, se ha un lavoro molto intenso e pesante oppure se contrae da qualche parte una malattia contagiosa. Allora il corpo non ha più alcuna forza per vivere. Il cuore e altri organi sono consumati. E allora non si può più vivere. In qualcuno ciò avviene prima, in altri più tardi. Ci sono uomini che muoiono già molto prima della nonna, a trenta o quarant’anni, oppure già da bambini, a tre o sei anni.
«Perché alcuni bambini non credono più che Dio è buono, quando muore la loro nonna?» (St. 8 anni)
Madre: «Essi sono tristi quando la nonna è ammalata e pregano perché guarisca. Essi pensano che Dio la debba semplicemente guarire, e tuttavia essa muore. Allora i bambini non vogliono più credere che Dio è buono. Essi perdono così la fede».