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CARITAS

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Aggiornato a inizio fase «2» il report Caritas sulla povertà.

In due mesi alla porta dei centri d’ascolto hanno bussato 941 famiglie per un totale di 2.663 persone. 243 famiglie (per un totale di 664 persone) non avevano mai avuto bisogno del sostegno della Caritas prima della pandemia.

Artic. Di Vita Nova del 31 Maggio 2020

C’è chi lavorava ‘ nell’economia sommersa e ora non sa più come andare avanti e chi, invece, avrebbe anche un impiego regolare e sarebbe in cassa integrazione ma non la percepisce e, dunque, si trova nella stessa situazione. La crisi economica e sociale conseguenza dell’emergenza sanitaria anche a Pisa ha colpito soprattutto il mondo del lavoro, in particolare quei segmenti e soggetti a maggior rischio di precarizzazione e meno provvisti di tutele. E di riflesso ha impattato anche sul vissuto quotidiano di tante famiglie, soprattutto giovani.

Continua ad estendersi anche a Pisa la fascia di soggetti a rischio povertà: la conferma arriva pure dall’ultimo rapporto della Caritas diocesana, basato sulle informazioni relative alle persone seguite dall’organismo pastorale della chiesa pisana nel periodo compreso fra il 10 marzo e il 10 maggio scorso. Praticamente dall’inizio del lockdown ai primissimi giorni della cosiddetta fase due. Due mesi durante i quali alla porta dei centri d’ascolto hanno bussato 941 famiglie per un totale di 2.663 persone e 664 di esse (243 famiglie) non avevano mai avuto bisogno del sostegno della Caritas prima della pandemia. «Praticamente un quarto delle persone che stiamo aiutando in questo periodo non le conoscevamo prima del 10 marzo» sintetizza il direttore Don Emanuele Morelli. Non solo. Ci sono anche le famiglie che in qualche modo ci l’avevano fatta, o comunque, riuscivano a vivere senza il sostegno della Caritas. E ora, invece, sono tornate a bussare alle porte dei Centri di Ascolto e degli altri servizi: «Si tratta – spiega il sacerdote – di 129 nuclei che già conoscevamo, in qualche caso anche da tempo, ma che non incontravamo ormai da almeno tre anni e che, dopo il lockdown sono tornate a chiedere aiuto».

La Caritas è una delle poche porte d’accesso aperte per coloro che, al momento, non ricevono ammortizzatori sociali e altri interventi pubblici. «In qualche caso vi sono delle evidenti storture – sottolinea don Morelli-: soltanto noi abbiamo incontrato 17 famiglie in cui almeno un componente del nucleo non percepisce la cassa integrazione, ma più spesso le difficoltà di accedere alle prestazioni pubbliche sono collegate a mancanza di informazioni o anche a problemi nel predisporre la documentazione o compilare la modulistica, cosa non scontata per persone con basso livello d’istruzione e sovente con anche con difficoltà di tipo linguistico».

Il risultato è che il 70,4% delle persone incontrate dalla Caritas in questo periodo ha detto di non percepire ammortizzatori sociali e di non essere beneficiari di altri interventi pubblici.

Da qui la richiesta: «C’è bisogno di un monitoraggio attento per capire non solo di quanto si sia estesa la fascia delle persone a rischio povertà nel nostro territorio, ma anche per valutare la capacità delle misure messe in campo di alleviare le difficoltà delle famiglie colpite – conclude il direttore -: non si tratta di trasformare gli enti locali e il volontariato in centri di ricerca ma di far dialogare e incrociare le informazioni e i dati che ciascuno di essi, quotidianamente raccoglie nello svolgimento del proprio mandato istituzionale» . Per questo la Caritas diocesana plaude alla decisione della SdS Pisana di istituire un tavolo sulla povertà aperto alla partecipazione delle realtà del volontariato e del terzo settore impegnate nella lotta alla povertà: «Speriamo vivamente che possa essere quello lo spazio in cui dare vita a questo lavoro di monitoraggio».

 

 

 

LA COLLETTA ALIMENTARE

UNA SPESA PER I POVERI DELLA CITTA

Ottomila cento tonnellate di cibo, l’equivalente di 16 milioni e 200mila pasti: è il «peso» degli alimenti «donati» dai consumatori italiani ai poveri in occasione della Giornata nazionale della colletta alimentare. La Giornata ha coinvolto 145mila volontari, dislocati in oltre 13mila supermercati. La «Colletta» aiuterà il servizio «feriale» di oltre 7500 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza etc..) che, nel nostro Paese, incontrano e accompagnano oltre un milione e mezzo di persone bisognose, di cui quasi 345 mila sono minori. Anche in provincia di Pisa – osserva il referente locale Simone Genovesi – «migliaia di volontari, dai più piccoli ai più attempati e veterani, hanno prestato servizio in più di 50 punti vendita, raccogliendo prodotti a lunga conservazione (pasta, tonno, alimenti per l’infanzia, olio) dei quali beneficeranno più di 50 strutture caritative che faranno da tramite con i poveri del territorio».

È la mattina di sabato quando noi di Toscana Oggi ci rechiamo al supermercato della Esselunga a Cisanello, dove ci attende Daniela Ferrigno . Daniela ci presenta i tanti volontari che prestano servizio all’ingresso del supermercato. Come i volontari di «Servizio amico» di Santa Croce in Fossabanda che distribuisce generi di prima necessità a circa 60 persone ogni settimana. E poi numerosi volontari della Croce Rossa Italiana, i ragazzi del noviziato Scout del Pisa 2 e del Pisa 5, i terziari francescani e i volontari dell’associazione «Controluce» che hanno accompagnato alcuni detenuti del Don Bosco per portare il loro aiuto concreto nel corso di tutta la giornata. Daniela Conviti fa parte dell’associazione Controluce: «Partecipiamo alla Colletta alimentare da 4/5 anni e anche oggi siamo qui insieme ad alcune persone detenute al don Bosco che hanno accesso a permessi speciali per partecipare all’iniziativa.

Spesso si sente dire in giro che “sarebbe bello se chi è in carcere lavorasse…” ebbene in pochi sanno che molti di loro effettivamente lavorano, ad esempio, tenendo puliti alcuni spazi in città e anche collaborando ad iniziative come questa. Oggi è presente qui anche un detenuto alla sua prima uscita dopo una detenzione molto lunga». Testimonianze preziose di una solidarietà trasversale che coinvolge bambini, giovani e meno giovani. Agnese Cerù, 16 anni, scout Agesci nel gruppo Pisa2, è alla sua prima esperienza della Giornata della Colletta alimentare: «Siamo qui in 6 durante tutto il pomeriggio. Siamo insieme ad alcuni ragazzi del noviziato del Pisa 5. Ci siamo preparati a questo servizio dopo un incontro teorico dedicato a conoscere la povertà in Italia. Così abbiamo voluto partecipare a questa iniziativa e ci stiamo trovando bene».

Qual è il feedback della gente? «Qualcuno ci risponde male, altri semplicemente non intendono partecipare e non ci ascoltano. Ma la soddisfazione è grande quando vediamo le persone che escono e ti consegnano tutti questi prodotti» osserva Agnese indicandoci l’angolo dove sono stipati gli alimenti donati.

È colmo di gratitudine Simone Genovesi: «Grazie a tutti i punti vendita che ci hanno accolti, aprendoci le porte. Grazie alle associazioni di volontariato. Grazie alle Poste Italiane. Grazie all’Esercito italiano per l’aiuto che ci ha dato durante tutta la giornata. Ogni anno arriviamo preparati a questo giorno, convinti di sapere come andrà. Ma ogni anno usciamo da questa esperienza sorpresi. Sorpresi, ad esempio, dal senzatetto che entra nel supermercato ed acquista per sé una scatoletta di tonno ed un’altra la dona dicendo: “So che questo tornerà a me o ad un’altra persona nella mia stessa situazione”. Sorpresi dal responsabile del supermercato che a fine giornata decide di farci una generosa donazione di generi alimentari perché commosso dalla disponibilità di tanti giovani a donare il loro tempo per questa Giornata. Sorpresi dall’anziana signora che “affidando” ad un volontario una busta di legumi si scusa dicendo che con la sua pensione non può permettersi altro».

«Gocce» di solidarietà, che, una sull’altra, a sera rendono pieno quello stesso magazzino che i volontari avevano lasciato vuoto al mattino. Ma che, soprattutto, riempiono il cuore di tanti volontari.

                                                                                                                                                                                 Art. di C. Sagliocco preso da VITA NOVA

 

 

Povertà1 1Colletta alimentare: anche Pontedera ha risposto alla grande

Anche nei centri commerciali della Valdera moltissimi consumatori – sabato scorso – oltre a fare la spesa per loro stessi e le loro famiglie, hanno comprato qualcosa anche per chi non ha niente, lasciandola nelle mani premurose dei gilet gialli. L’organizzazione della raccolta e della distribuzione dei volontari nei vari punti vendita è stata coordinata da Eugenio Leone che ha seguito la zona di San Miniato, Volterra, Pontedera e Cascina e che abbiamo incontrato sabato scorso al supermercato Panorama di Pontedera: «All’iniziativa hanno aderito tutti i supermercati della zona – spiega a Toscana Oggi – tranne la Coop che ha scelto da anni di fare una raccolta per conto proprio e in un’altra data».

L’organizzazione è stata imponente: il giorno prima della colletta i camion dell’Esercito hanno distribuito nei supermercati aderenti migliaia di scatole vuote per trasportare i generi alimentari raccolti. All’entrata di ogni supermercato c’erano alcuni volontari con la pettorina gialla che distribuivano sacchetti gialli e indicazioni per la tipologia di alimenti da scegliere. Le persone facevano la spesa e portavano il sacchetto ai volontari che suddividevano i prodotti comprati. Il comune di Pontedera aveva messo a disposizione un camioncino con un autista, Francesco Pugliesi, che tutti gli anni si offre volontario per trasportare la merce raccolta in un magazzino del Comune di Pisa messo a disposizione gratuitamente tutto l’anno per la Colletta. Una volta che la merce sarà raccolta e suddivisa, verrà consegnata agli enti convenzionati con la Colletta Alimentare come la Caritas, la Misericordia, il Centro aiuto alla vita, la San Vincenzo de Paoli, il Cottolengo, l’Agesci, il Road Table, le cooperative di altre confessioni cristiane, le cooperative sociali come il Rotary e i Lyons, l’Associazione nazionale Polizia di Stato e tante altre ancora, in tutto gli enti sono circa cinquanta. E prima di Natale gli alimenti saranno distribuiti a chi ne ha bisogno. Pontedera con 5 punti vendita ha raccolto 3.988 chili, mentre Calcinaia con 5 supermercati 3.482.

Tutti i volontari della provincia di Pisa, si sono ritrovati sabato sera a fine raccolta, nel magazzino del comune di Pisa, a mangiare un piatto di pasta cucinato dai militari della Folgore con prodotti donati dall’Ente Parco San Rossore.

                                                                                                                                                                                                          Art. di D. Daini preso da VITA NOVA

GLI EMPORI TESI AL RECUPERO DELLE ECCEDENZE     

Dieci anni fa la prima apertura a Roma.

Oggi gli empori sociali sono quasi 120 in tutte le Regioni, 90 promossi dalle Caritas diocesane.

Hanno aiutato decine di migliaia di famiglie ad affrontare la crisi.

In futuro nuove sfide, calibrate sulle specificità dei territori.

Gli Empori sociali rappresentano ormai, a tutti gli effetti, promossi dalle Caritas diocesane o da altre realtà, una rete solidale, ramificata ai quattro angoli del paese. Entro l’autunno anche la Basilicata, ultima regione ancora priva di tali strutture, avrà il suo Emporio: a Potenza, dove la Caritas diocesana lo sta realizzando grazie anche ai fondi Cei otto per mille. Tricarico (Matera) seguirà entro il 2019.

Prime a sperimentare il modello, giusto dieci anni fa, furono le Caritas diocesane di Roma e Prato. Poi Pescara. Don Marco Pagniello era direttore già allora della Caritas diocesana adriatica, e lo ricorda bene: «Siamo partiti dall’ascolto del disagio delle famiglie colpite dalla crisi. Persone che in poco tempo erano passate da una vita confortevole alla difficoltà di pagare le bollette e fare spesa, ma non riuscivano a mettersi in fila in parrocchia per ricevere un pacco alimentare».

Oggi, nella Milano della Food Policy, la Fondazione Cariplo ne sostiene 2 per contrastare la povertà minorile. E in tutta la diocesi ambrosiana sono già 7. In Veneto, la regione li riconosce come prassi innovativa e ne promuove la diffusione. La Caritas diocesana di Pinerolo (Torino) gestisce un Emporio solidale con la Chiesa Valdese. Quella di Rimini con il locale Comitato di Croce Rossa

A Oristano le famiglie in carico al centro di ascolto lo chiamano il negozietto». La Caritas diocesana di Roma è prossima ad avviare il quarto, ancora una volta gestito da un nucleo di parrocchie. La diocesi di Tortona farà lo stesso a Voghera. A Reggio Calabria per le famiglie con tre o più figli minori si prevede la spesa per due anni, a partire dall’arrivo dell’ultimo nato. In Umbria. con il sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Foligno, si sperimenta il modello “comprensoriale” con il coinvolgimento di ben nove comuni e tre Diocesi. A Oria gli scaffali si riempiono anche con il progetto “Porta a Porta”, raccolta alimentare che coinvolge mensilmente le comunità di diversi comuni e decine di giovani.

 Anticipatori di tendenze

A ogni diocesi, insomma, la sua “ricetta”. Nel tentativo di offrire una risposta efficace al bisogno materiale, attivando comunità ecclesiali e imprese. È questo uno degli elementi cardine che accomunano gli Empori Caritas presenti in contesti territoriali molto diversi.

Altri elementi di comunanza concernono la possibilità dei beneficiari di scegliere i prodotti da acquisire gratuitamente; l’utilizzo di una tessera su cui viene caricato un budget punti periodico – solitamente mensile – attribuito in base ai bisogni; la definizione di un percorso di accompagnamento e attivazione dei beneficiari, supportata da altri servizi territoriali, Caritas e non, pubblici e privati; infine, la proposta di attività di socializzazione e formazione, dal laboratorio di cucina alla gestione del  budget familiare. Per molti aspetti gli Empori, veri e propri piccoli market, i cui beneficiari sono usualmente individuati dai centri d’ascolto Caritas, hanno anticipato tendenze odierne. Basta pensare al patto di attivazione con i beneficiari, o al recupero delle eccedenze alimentari (non di rado in collaborazione con le reti Banco Alimentare e Banco delle Opere di carità). Progressivamente, si sono accreditati tanto come strumenti pastorali di animazione delle comunità, quanto come laboratori per esperienze territoriali sussidiarie, efficaci nella lotta alla povertà e allo spreco alimentare.

Ma, dieci anni dopo l’avvio, è tempo di ricollocare questa esperienza in uno scenario nuovo. Non nascondendosi gli elementi di criticità. I costi strutturali (sedi, arredi, scaffali, celle frigorifere), di personale e di approvvigionamento possono, alla lunga, rivelarsi difficili da sostenere. Il rischio stigma (la famiglia che va a fare la spesa all’Emporio è facilmente etichettabile come povera) non sempre è controbilanciato dagli sforzi per fare dell’Emporio, anche nella percezione comune, una casa di tutti, una risorsa per il territorio. E poi, ci sono le sfide che si profilano all’orizzonte.

Pacchi, in grande maggioranza

Anzitutto, dal prossimo luglio il Reddito di inclusione (Rei) diverrà misura universale, seppure con livelli di accesso vincolati a soglie di reddito disponibile ancora troppo basse rispetto alla platea dei potenziali beneficiari. La strutturazione e visibilità degli Empori, e soprattutto la possibilità di registrare e monitorare i bisogni specifici dei beneficiari, che essi consentono, rappresentano una notevole opportunità di integrazione con i servizi territoriali.

Inoltre, la previsione di piena integrazione con la misura di aiuto materiale finanziata dal Fondo di aiuti europei agli indigenti conferma l’opportunità di riconoscere – e gestire – l’aiuto alimentare come un segmento delle politiche di contrasto alla povertà. Questo elemento pone l’accento sul rapporto e sull’integrazione tra gli Empori e le altre forme di aiuto alimentare. In alcuni contesti la scelta dell’Emporio si dimostra efficace nel liberare i piccoli centri di distribuzione dal peso dell’approvvigionamento alimentare, permettendo di dedicare maggiori energie all’accompagnamento delle famiglie.

 

LA CITTADELLA DELLA SOLIDARIETA’ NATA NEL 2013

 “DEGRADI di tipo e, economico e di vivibilità”. Ha usato queste parole, per descrivere la nostra città, l’arcivescovo Giovanni Benotto. …..Una città che al netto delle difficoltà e delle situazioni limite, deve peraltro fare i conti con le emergenti richieste di aiuto, spesso calpestate da un dilagante individualismo capace di fagocitare persino i diritti umani. E non si arrestano neppure le richieste di aiuto alla «Cittadella della Solidarietà», l’emporio del Cep inaugurato nel 2013 e impegnato nel contrasto della povertà alimentare e nella lotta allo spreco. Nel 2015 sono state complessivamente 353 le famiglie pisane per un totale di 1062 persone, alle quali è stata assegnata la tessera che consente di fare la spesa gratuitamente nel supermercato solidale realizzato nei locali della Chiesa di San Ranieri al Cep.Emporio

Il raffronto con i dati riferiti ai primi quindici mesi di attività della «Cittadella»-, quelli compresi fra marzo 2014 e Giugno 2015, evidenzia un trend in aumento così come in aumento sono i minorenni che necessitano di un sostegno esterno per coprire i bisogni alimentari giornalieri. «L’emporio sorto nel 2013 nei locali della parrocchia di San Ranieri al Cep – commenta don Emanuele Morelli – il direttore della Caritas diocesana – consente attualmente a 400 famiglie di poter fare la spesa gratuitamente. I numeri sono purtroppo in crescita ma, grazie all’intesa con Unicoopo-Firenze e alla stipula di convenzioni con circa venti enti cittadini, riusciamo a far fonte alla richiesta di aiuto e ad intercettare i bisogni dei cittadini più deboli». Sono, purtroppo in crescita le famiglie indigenti che

Terremoto9si rivolgono al centro di ascolto della Caritas con la speranza di ricevere un aiuto concreto per affrontare i problemi quotidiani. O per sopravvivere. «La Cittadella’ è uno straordinario strumento di integrazione del reddito – conclude don Morelli- ma, al contempo, persegue altri due fondamentali obiettivi: contrasta lo spreco alimentare perché vengono riciclati i pasti, ovviamente intatti, che non stati consumati nella mensa universitaria di via Cammeo e in quella del CNR, e lancia un messaggio educativo ai tanti ragazzi impegnati nel recupero del cibo e della solidarietà».

                                                                                               Articolo di Francesca Franceschi                                                                                                                         scritto per la Nazione

 

LA CARITAS, COME RECUPERA IL CIBO PER I POVERI?      

Povertà10Due furgoni: uno coibentato per raccogliere generi alimentari freschi e a breve conservazione, l’altro dotato di un normale cassone e destinato a tutte le altre tipologie di vivande. Partono tutte le mattine intorno alle ore 9 dalla chiesa di San Ranieri al Cep, dove ha sede la «Cittadella della Solidarietà», per far rientro intorno alle ore 12.

Sei le tappe fisse.

Si comincia dall’aeroporto «Galileo Galilei» dove, grazie ad un accordo con Toscana Aeroporti, la società che gestisce lo scalo pisano, viene raccolto tutto quello che i passeggeri non possono imbarcare e quindi, sono costretti a lasciare a terra. Di cosa si tratta? Bevande (principalmente acqua e bibite) ma anche cosmetici, profumi, gel per capelli e prodotti per l’igiene personale.

La seconda tappa è al supermercato Carrefour della Fontina ( San Giuliano Terme ): qui vengono raccolti tutti i cosiddetti “rotti” ossia quei prodotti, alimentari e non, assolutamente buoni ma che sono tolti dagli scaffali per difetti nella confezione. Dai cosiddetti “ tre per due “ di tonno e carne in scatola e legumi fino all’abbigliamento “difettoso” perché mancante di un bottone.

La terza tappa all’Esselunga di Pisanova dove è necessario recarsi con il furgone coibentato dato che vengono caricati quasi esclusivamente latticini e i cosiddetti prodotti di «quarta gamma», ossia generi alimentari freschi, già puliti e tagliati e pronti per essere serviti direttamente, siano essi crudi o cotti.  Stesso genere di merce è raccolta  anche all’Ipercoop di Navacchio (Cascina). Da qui i due mezzi tornano carichi soprattutto di pane e derivati. Le ultime due tappe «fermate»: alla mensa del Cnr e a quella universitaria del Dsu di via Cammeo dove possono essere raccolti tutti i vassoi ancora integri di pietanze non consumate. Tutti questi alimenti e generi di prima necessità, fino al 2013, ossia prima della nascita della «Cittadella» del Cep, finivano nei centri di raccolta per il riciclaggio dei rifiuti. Al pari di quelli caricati due volte la settimana dai magazzini Metro di Ospedaletto: si tratta soprattutto di prodotti prossimi alla scadenza, sia freschi che a lunga conservazione.

Una volta la settimana, invece il furgone coibentato va nella Tenuta di San Rossore: il Parco, infatti, ha deciso di consegnare alla «Cittadella» almeno una parte della carne di daino, macellata in seguito ad abbattimento selettivo.

Una volta al mese i mezzi si recano in via del Brennero alla sede pisana dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Toscana: è l’ente chiamato a certificare salubrità e qualità delle carni che arrrivano in Italia attraverso il porto di Livorno per essere destinate al mercato italiano. I campioni prelevati per l’analisi che risultato sani finiscono nelle celle frigorifere della Cittadella.

Più o meno con la stessa cadenza i mezzi si recano a Prato, dove ha sede un altro emporio della solidarietà analogo a quello pisano: qui raccolgono le eccedenze di frutta e verdura che l’«emporio» pratese non riesce a smaltire «scambiandole» con eccedenze di altro genere che, invece, rimarrebbero nei magazzini all’ombra della Torre.

Stesso tipo di prodotti ma viaggi meno frequenti, invece, verso i magazzini della Croce Rossa di Pisa che hanno un accordo per la raccolta delle eccedenze del mercato ortofrutticolo di Firenze. Sempre una volta al mese i mezzi della Caritas raggiungono il «Baby Bazar» di Ospedaletto dedicato all’usato per l’infanzia, dove ciascuno può lasciare in conto vendita oggetti e indumenti usati ma in buono stato che il proprio bambino non utilizza più: l’invenduto che le famiglie non vogliono più sia loro restituito, viene consegnato alla «Cittadella».

A tutto questo vanno aggiunte le raccolte che non hanno una cadenza fissa: le eccedenze ortofrutticole che rimangono nei magazzini del Consorzio agrario e della Coldiretti, della Fattoria «Le Prata», dell’impresa «Il Carretto» e dell’azienda agricola «Ti Coltivo». Quest’ultima, in particolare, ha ideato la «cassetta sospesa» in cui ciascun cliente, se vuole, può decidere di acquistare qualcosa da destinare agli scaffali della «Cittadella». Stesso discorso per l’orto dei «Volontari di quartiere», l’appezzamento di terreno in Golena d’Arno, curato dall’associazione composta da cittadini di Porta a Mare e senza dimora che frequentano l’asilo notturno di via Conte Fazio: tutto quel che avanza viene consegnato all’Emporio. Collabora con la «Cittadella», pure la ditta «Bernardini Gastone» di Crespina, specializzata in alta norcineria e lavorazione di carni pregiate: i furgoni raccolgono i vasetti di salse rimandate indietro dai clienti per difetti di etichettatura.

C’è anche, però, chi ha deciso di sostenere la «Cittadella della Solidarietà» come Povertà7scelta solidale sociale. È il caso della Crastan, storica azienda con sede in Valdera e leader a livello nazionale per la produzione del caffè in capsula e surrogati del caffè ( orzo e miscele di cereali, tè, tisane, bevande al cacao): una volta al mese invia un pancale di prodotti. Anche Sammontana periodicamente, spedisce alla Cittadella gelati e croissant surgelati. Su richiesta, invece, arrivano i generi alimentari a lunga conservazione del Fead, il fondo di aiuti europei agli indigenti.

                                                                                                         da Vita Nova del 5 Marzo 2017 di F. Paletti